• Editoriale
  • Cambiando i governatori la sanità molisana resta la stessa

    Quello che è accaduto in Molise sulla tutela della salute nei cinque anni in cui Paolo di Laura Frattura è stato contestualmente presidente della Giunta Regionale e Commissario ad acta per la sanità lo abbiamo descritto in più circostanze.

    Le difficoltà attuali sul piano della garanzia dei Livelli Essenziali di Assistenza sono sotto gli occhi di tutti soprattutto per le malattie tempo dipendenti, ma anche per le trafile al pronto soccorso per un ricovero o per le lunghissime liste di attesa relative a talune forme di checkup.

    Altro problema poi è quello dei costi dei ticket delle prestazioni che stanno portando molti pazienti a rinunciare ad accertamenti e cure.

    Nel programma del prof. Toma avevamo letto la volontà di lottare per un DEA di II livello a Campobasso nella convinzione che ogni regione debba avere diritto ad una tale struttura a prescindere dal numero di abitanti.

    Forse alcuni ritenevano che il nuovo governatore volesse invertire la rotta e potenziare le strutture sanitarie pubbliche convinti che quelle private possano esistere solo in aggiunta alle prime immaginando che in queste debbano essere presenti tutti i servizi e le prestazione ad un livello di eccellenza che dovrebbe essere la normalità.

    In una recente intervista, rilasciata al giornalista Luca Colella, Toma sembra rovesciare il programma elettorale e, dopo la recente bocciatura dell’integrazione tra l’ospedale Cardarelli e la Fondazione Giovanni Paolo II da parte dei ministeri dell’Economia e della Salute, immagina tra le stesse due strutture un “Consorzio ospedaliero a direzione pubblica” con un unico consiglio di amministrazione fatto da un presidente pubblico, un consigliere pubblico ed uno privato.

    Il consorzio avverrebbe su alcune specializzazioni e prestazioni nelle quali anche la struttura privata avrebbe una rilevanza pubblica al di fuori delle quali sarebbe libera senza convenzione di dedicarsi ad attività privata.

    Toma nell’intervista aggiunge testualmente “In genere poi le strutture private hanno un’efficienza maggiore rispetto alle strutture pubbliche, quindi la Fondazione farà da traino sotto questo profilo, ma la governance deve essere una: un unico Cda che regola i rapporti consortili.”

    “Se non è zuppa, è pan bagnato” si dice in gergo dalle nostre parti.

    A meno che non vi sia costretta da ragioni che francamente al momento potrebbero sfuggirci, ci sembra intanto molto difficile che la Fondazione Giovanni Paolo II possa accettare una simile idea di consorzio che creerebbe difficoltà di ordine etico, giuridico oltre che nella gestione dell’urgenza nel pronto soccorso, del personale e nella divisione delle prestazioni tra le due strutture.

    Noi pensiamo che una tale proposta sia ancora una volta in linea con l’indirizzo politico di questi ultimi anni che ci sta portando attraverso il meccanismo della cosiddetta rana bollita dritti verso la privatizzazione del sevizio sanitario.

    È una logica che negli anni d’impegno nel Forum per la Difesa della Sanità Pubblica abbiamo sempre rifiutato nella convinzione che una Sanità Pubblica di qualità sia garanzia di efficienza e di equità per tutti i cittadini.

    Noi dal nuovo presidente della giunta regionale ci saremmo aspettati finalmente la convocazione dei comitati di base esistenti in rappresentanza dei cittadini per costruire un’idea di forte rilancio delle strutture sanitarie pubbliche a livello ospedaliero e territoriale eliminando nelle nomine del settore le interferenze della politica.

    Il dialogo delle amministrazioni con i comitati di base in Molise è stato problematico e purtroppo tale rimane.

    Il punto ora è che su tale nuovo progetto del governatore nulla si muove da parte dell’opinione pubblica a livello di riflessione, di confronto e di proposta.

    Ci sono stati anni in cui questo avveniva in assemblee pubbliche molto partecipate che hanno portato ad una forte coscientizzazione sul tema, ad elaborazioni per un Piano Sanitario Operativo razionale e rispondente alle esigenze reali delle popolazioni, a stesura di documenti e ad azioni di lotta per il contrasto a decisioni ritenute penalizzanti ed inaccettabili per i cittadini.

    Tale azione di coinvolgimento dell’opinione pubblica malauguratamente non ha più luoghi fondati né sbocchi operativi ed è rifluita unicamente sui Social Network,  in rare e poco idonee azioni informative o in qualche trasmissione televisiva.

    L’apparire non può sostituire la passione reale sui problemi e sulle ipotesi di soluzione.

    Il pericolo all’orizzonte che la sanità cessi di essere  un diritto e possa trasformarsi in un business sta diventando realtà.

    Rinunciare a richieste forti di presenza attiva della popolazione nelle decisioni politiche ed amministrative e ad azioni di lotta allargata ed efficace per tutelare la salute dei cittadini sarebbe un errore omissivo imperdonabile.

     

     

     

     

     

     

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