• Editoriale
  • Mala tempora currunt

    Gli eventi politici dopo le elezioni del 4 marzo hanno portato dopo settimane d’indecisioni ed accordi di potere ad un governo il cui programma è molto lontano dalle esigenze delle fasce più deboli della popolazione.

    La flat tax, i condoni fiscali lasciati passare come “pace sociale”, l’assoluta carenza di un serio progetto di rilancio dello sviluppo economico e dell’occupazione, ma anche l’assenza di una programmazione sulla cultura, sull’istruzione e l’educazione come su un’idea di sanità pubblica a garanzia della tutela della salute per tutti i cittadini sono gli elementi che già dall’inizio hanno dato l’idea di un’approssimazione e di una superficialità assoluta nell’affrontare i gravi problemi sociali che il Paese vive.

    In questo governo verde-giallo dominano le peggiori idee della destra salviniana realizzabili tra l’altro quasi a costo zero, mentre nel Movimento Cinquestelle ha prevalso l’anima che voleva ad ogni costo raggiungere il potere e che oggi rincorre taluni obiettivi difficilmente raggiungibili nel pesante contesto economico italiano.

    Il protagonismo di Salvini, purtroppo avallato dall’elettorato nelle recenti elezioni amministrative, sta ogni giorno di più rendendo del tutto subalterno il M5S che dopo il brillante risultato alle politiche ha visto le prime defaillance nelle elezioni comunali.

    Non abbiamo, com’è noto, mai avuto grandi simpatie per questo movimento che ci è parso sin dall’inizio privo di una linea politica chiara, di un quadro di riferimenti valoriali definiti e di un sistema di selezione trasparente e veramente democratico delle candidature, ma anche privo al momento di una classe dirigente in grado di gestire i problemi all’orizzonte.

    Queste carenze, ma soprattutto la scelta di fare un’alleanza di potere con la Lega sono errori politici che a nostro avviso stanno già ridimensionando il ruolo di un movimento che sosteneva a gran voce taluni principi proclamati e poi in effetti scomparsi o quanto meno annacquati.

    Purtroppo occorre dire che questo governo populista, nella peggiore accezione del termine, tranne che parlare alla pancia del Paese su alcuni temi come quello dell’immigrazione, dei rom o dei vaccini, ancora non esprime alcuna proposta realizzabile su questioni di grande rilievo sociale come il rilancio economico, la promozione culturale, la lotta alla povertà ed ai privilegi sconsiderati che non sono solo quelli dei vitalizi e delle pensioni d’oro come vorrebbero farci credere.

    Si deve assolutamente evitare che il discorso politico diventi banale, equivoco o che addirittura si imbarbarisca.

    L’opposizione politica in parlamento è fin qui inesistente perché il PD e LEU dopo le ultime due tornate elettorali hanno subito una debacle tramortente che rischia di portare i due partiti all’estinzione; d’altra parte, non riuscendo a darsi una linea politica chiara in grado d’intercettare i voti di ceti sociali ben definiti, non riescono più neppure a mantenere i consensi di quella classe media che sta migrando verso altri lidi.

    Nel prevalere di principi, valori e logiche di stampo neoliberista anche la sinistra di matrice liberale o marxista fa fatica ad affermare e cercare di realizzare le idee di libertà, di eguaglianza, di giustizia sociale e di democrazia partecipata dopo la crisi profonda delle sue formazioni tradizionali, l’incapacità a definire un nuovo soggetto politico ed a ricostruire un tessuto organizzativo di base con soggetti che, lontani dalla ricerca del potere ad ogni costo, sappiano ridare fiducia soprattutto all’elettorato di strati sociali che da molti anni ormai si sentono orfani di rappresentanza.

    I partiti del cosiddetto centrosinistra sono in disfacimento proprio perché, avendo la pretesa di un ruolo interclassista, hanno dimenticato le idee di riferimento, le finalità politiche e le classi sociali di cui avrebbero dovuto essere i punti di riferimento in tutte le istituzioni del Paese.

    Di fronte allo sfaccio sociale, economico e umano di una società che sembra voler seppellire il principio non solo della condivisione, ma anche quello della solidarietà, noi pensiamo che la ricostruzione di una forza politica di sinistra autentica sia non solo necessaria, ma anche urgente.

    Non possiamo illuderci che questa operazione possa avere tempi brevi e percorsi facili, ma chi ha a cuore il bene comune deve impegnarsi con passione proprio per evitare la deriva populista o post ideologica  che dir si voglia.

    Proprio perché il cammino è impervio e ricco di ostacoli occorre procedere con prudenza e vigile circospezione a partire dal piano metodologico ed operativo per finire alle sinergie da costruire nella mediazione tra le posizioni concettuali.

    Il riferimento ai padri fondatori di un’area politica che tanto ha contribuito a fondare in Italia, in Europa e nel Mondo i diritti fondamentali del cittadini è un obbligo necessario per confrontarsi con le elaborazioni politiche del passato e costruire le idee per il futuro.

    Noi crediamo che un po’ ovunque, ma in particolare in Italia, si stia vivendo quella che Antonio Gramsci nei “Quaderni dal carcere” chiamava la crisi dell’egemonia che si manifesta a suo avviso quando le classi dominanti conservano il consenso e dunque il potere, ma non riescono più ad essere dirigenti e cioè capaci di risolvere in modo razionale ed efficiente i problemi di tutta la collettività.

    Viviamo in un momento storico davvero buio con un forte arretramento nei diritti sociali ed una pesante involuzione democratica spesso in alcune realtà ai limiti di una dittatura della maggioranza.

    Di fronte alla gravità della situazione odierna sarebbe imperdonabile per chiunque l’apatia o un atteggiamento omissivo.

    Sono comportamenti che ieri come oggi rischiano di favorire ingiustizie, plutocrazie e perfino regimi autoritari.

    Più che mai allora necessita proprio, come sosteneva il grande intellettuale marxista, abbattere il dominio di ceti sociali neoliberisti incapaci di attività dirigente o legati unicamente alle logiche del profitto e dell’arricchimento a danno dell’enorme massa di diseredati costruita con sistemi di diseguaglianza e di asservimento come quelli del debito pubblico, del sistema borsistico o delle grandi concentrazioni multinazionali.

    È chiaro che la ricostruzione di un’egemonia dirigente, come la definiva Gramsci, ha bisogno di una rifondazione che sia anzitutto di natura culturale ed etica nel senso più nobile che tali termini possano avere e deve avvalersi del contributo di quelli che lui chiamava intellettuali non “organici” al potere, ma “tradizionali” nel senso di funzionali alla creazione di un’ideologia in grado di essere appunto “dirigente” cioè capace di affrontare e risolvere con spirito aperto e critico i problemi dell’intera popolazione.

     

     

     

     

     

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