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  • I medici ci sono: mancano le borse di specializzazione, cioè i soldi

    I medici ci sono, mancano le borse di specializzazione (cioè i soldi)
    “Il problema non è il numero dei medici – spiega all’Agi il presidente dell’Associazione liberi specializzandi (ALS), il dottor Massimo Minerva – Il punto è che mancano gli specializzandi”.

    Per comprendere la questione occorre spiegare brevemente come funziona l’accesso alla professione medica: la facoltà universitaria è quella di Medicina e Chirurgia, la cui durata normale è di sei anni. Dopo la laurea, finora, è stato necessario svolgere un periodo di tirocinio pratico formativo (articolato in tre periodi da quattro settimane ciascuno in tre diverse aree, quella medica, quella chirurgica e quella di medicina di base), al termine del quale si accedeva all’esame di abilitazione. Con il dpcm del 17 marzo, n.18, il cosiddetto Cura Italia, la laurea è divenuta abilitante: non occorre cioè più fare il tirocinio e sostenere l’esame.

    L’inghippo sta lì: il numero di borse di specializzazione erogate annualmente non è sufficiente ad assorbire il numero di laureati abilitati, creando un limbo nel quale vivono migliaia di medici (il numero oscilla tra i settemila e i diecimila). Il problema, tuttavia, non riguarda soltanto le condizioni di precariato in cui sono costretti a vivere questi che vengono chiamati “camici grigi”, ma ha conseguenze anche sulla capacità del Sistema sanitario nazionale di erogare i servizi necessari.

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