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  • Parigi 7 gennaio 2015, ore 11,00

    Già dal 1998, con la condanna di  Salman Rushdie   per i suoi Versetti Satanici, condannato dall’implacabile giustizia   (sharia) iraniana alla morte: “ogni musulmano che incontra Salman lo uccida immediatamente”, si da costringere l’intellettuale e poeta indiano ad una lunga silenziosa tortura di una sorta di carcere a vita, protetto da attentissimi agenti inglesi; e dopo le vignette olandesi, che vennero riprese proprio da Charlie Hebdo; dopo la silenziosa vignetta in bianco di un giornale americano, carica di inquietante, dolorosa e muta satira contro il fondamentalismo, ovviamente non solo quello islamico ma contro tutte le forme devianti di estremismi anche religiosi  e sulle fedi, le prognosi erano praticamente definitive e conclusive.

    Sarebbe accaduto primo o poi quello che la mattina del 7 gennaio  2015, nella sede del giornale satirico francese Charlie Hebdo, è accaduto.

    Sotto lo sguardo impotente di diecine di astanti terrorizzati e nel terrore di una ragazza, segretaria, costretta a digitare il codice  per aprire la porta di ingresso  nella redazione del settimanale, due o tre uomini, completamente incappucciati, lugubri come il taglia gole apparso in video alcuni mesi fa – la cui scena terribile metteva in subbuglio tutto il mondo – sono penetrati nella direzione del giornale satirico francese, uccidendo, a freddo, 12 persone, tra cui, spietatamente, un poliziotto che era caduto a terra.

    Letteralmente spaventoso : un film che forse nessun specialista dell’orrore sarebbe stato capace di immaginare.

    Sulla scena di una lunga, terribile tragedia, imputabile alla intransigenza cieca di una parte non indifferente della umanità, la Francia, già tramortita dai recenti attentati a Nantes e a Tolosa, dovuti allo stesso tipo di fanatismo, con il maggiore carico, rispetto all’Europa di mussulmani all’interno (5 milioni) e con una storia carica di guerre , di lotte, di tensioni (basti ricordare le lotte di Algeri e con Algeri!) subisce questa nuova, terribile tragedia.

    Individuati i fratelli Kouachi, come autori della strage, accerchiati nella città a nord-ovest di Parigi, Dammartin-en-Goele, e nella totale irreprimibilità di un terrore diffuso (tutta la popolazione e le scuole in allarme), i due fratelli sono stati immediatamente giustiziati dalle formidabili teste di cuoio parigine, nell’interno di una tipografia, dove vi erano delle persone, di cui un giovane garzone era riuscito  a nascondersi nell’interno di uno scatolone..

    In un primo momento avevo scritto che retoriche e pressochè improbabili erano state  le dichiarazioni a caldo di Hollande :“prenderemo gli assassini”.

    Per fortuna la previsione era errata.

    Rimane, tuttavia, il giallo di una carta d’identità abbandonata sul sedile della macchina dei due assassini, che costituiva la firma degli stragisti, il cui significato rimane oscuro e inquietante la ipotesi di deviazione.

    Le tragedie si susseguono ormai quasi quotidianamente: ora è la caffetteria di Sidney; ora  il collegio per figli militari in Pakistan, dove 141 piccoli, inermi fanciulli sono stati barbaramente trucidati; ora la ragazza ad Istanbul, fattasi esplodere in un ufficio di polizia della vecchia città ottomana, uccidendo alcune diecine di poliziotti, dove riusciva ad entrare grazie all’astuzia di avere smarrito un documento, ma oserei aggiungere tutti gli altri fenomeni che, seppure di natura diversa, stanno barbaramente avendo una dura recrudescenza nella società americana, ed altrove, come ad es., i fatti della maratona di  Boston, durante la quale, due giovani fratelli si misero a sparare all’impazzata contro gli atleti maratoneti, uccidendone due; come i fatti della uccisione di un fanciullo nero a Ferguson, nel Missouri, che ha scatenato  il furore, non ancora sommerso, delle masse  americane di colore; o come la pazzia di un giovane nero a New York, che uccide a freddo due poliziotti, tra cui un giovane di origine cinese, che hanno generato nuove rivolte antirazziali del popolo afro-americano o come il voltare teatralmente le spalle, da parte di tutti i poliziotti di New York, al Sindaco italo americano Bill de Blasio (originario di Sant’Agata dei Goti), sono ,tutti questi, fenomeni di una ripresa sconvolgente, pluriestensiva dell’estremismo, del disagio, dell’odio che cova in tutte le società nel mondo, espressione della più cieca durezza intellettuale e morale, della intransigenza, in una parola del fondamentalismo.

    Intanto, avanza il fondamentalismo organizzato dell’Isis ormai dominante una regione dell’Iraq, grande quanto la Francia, una città come Mosul, di 5 milioni di abitanti, assunta come capitale del nuovo stato Islamico, al comando di Al-Baghdadi, carico di un furore furibondo contro la società americana, ma contro tutto il mondo occidentale, essendo stato torturato nelle carceri di Abu Ghraib, aperte dagli americani in Iraq e da essi governate, e tra i cui aguzzini, primeggiavano, orribile a dirsi, alcune donne militari, scatenate nelle torture contro i prigionieri, talora denudandoli e sadicamente frustandoli nelle parti nobili del corpo.

    E’ una società, quella del Califfo, che esige, tuttavia, di utilizzare gli strumenti del capitalismo occidentale, come l’uso di una banca per depositare subito due miliardi di dollari, rastrellati verosimilmente dal commercio, oscuro ed illegale, del petrolio conquistato, ed altre forme ignote come sovvenzionatori paradossali di uno Stato che avanza terribilmente e  che pare estendersi anche in Libia, nella Nigeria, dove operano, incalzanti, i fanatici di Boko Haram, di cui ieri la notizia dello sterminio  di 2000 persone circa e la distruzione di una città grande del nord-est della Nigeria e di alcuni villaggi vicini.

    Uno scenario apocalittico, orribile: cadaveri per le strade, ormai in putrefazione, dei quali nessuno osa occuparsi, per timore di nuove vendette, da parte dei miliziani  .

    Il pessimismo della ragione e delle prognosi è terribile, il creatore di “Charlie” (il cui nome venne ripreso da Charlie Brown, un mensile satirico di particolare efficacia vignettistica ed umoristica), venuto dal 1968 parigino, era un finissimo intellettuale, padre spirituale di tantissimi vignettisti europei, tra cui l’italiano Vincino, direttore insieme a Vauro della rivista satirica “Il Male”, egli non raccontava nei sui disegni soltanto il mondo della politica, delle sue contraddizioni disperate, della sua incapacità di risolvere urgenze come quelle del lavoro, la frenesia e la incapacità di identificare le oscillanti volatilità del capitalismo mondiale, ma era, secondo la testimonianza di Vincino, in sostanza un poeta, un sognatore, verso il quale unanime era la stima e il devoto rispetto di tutti i suoi allievi.

    Un poeta che cade sul selciato del peggiore fanatismo nel mondo.

    Dove andremo? Il ventunesimo secolo inaugurato con la strage dell’11 settembre è sempre più avviato verso lidi pericolosi ed inquietanti.

    Il mito di Prometeo, ovvero la insolubile crisi e il dissidio tra lo sviluppo scientifico e le ricadute (fall-out) negative che lo stesso sviluppo produce (ma qui potrebbe aprirsi un discorso infinito) dopo Eschilo, che ne celebrò le grandiosi prospettazioni, è quanto mai inquietantemente aperto.

    Dove andremo?

     

                                                                               Franco Cianci

                           

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