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  • Santorelli, il soldato molisano ferito che ebbe in dono un orologio dal Re

    TRIVENTO – Le note della canzone del Piave hanno introdotto una originale lezione di storia tenutasi ieri, nell’auditorium della scuola secondaria di primo grado di Trivento e destinata agli alunni delle classi terze; a sostenere il progetto e a introdurre i lavori, il Dirigente Scolastico prof. Francesco Paolo Marra, solo da un anno preside dell’Istituto Omnicomprensivo, ma sempre pronto ad accogliere le iniziative di promozione del territorio, soprattutto quelle rivolte ai giovani, che non sempre conoscono la storia locale. A raccontare le vicende dei soldati di Trivento e dell’hinterland del territorio, che coincide con quello della diocesi, Antonio Fossaceca, già amministratore del Comune e, come si è lui stesso definito, non esperto di storia, bensì narratore di storie: le vite di quei giovanissimi che, partiti dal Molise, hanno difeso con onore, il paese, con l’iniziale sia maiuscola che minuscola, costretti a lasciare, nella maggior parte dei casi, famiglie di agricoltori o piccoli artigiani, di certo non favorevoli alla partecipazione al conflitto. Il relatore è partito da un quadro di sintesi sulla Grande Guerra, per poi tratteggiare, come nel film di Monicelli, la realtà umana dei protagonisti del centro trignino, sicuramente la parte, dell’intervento, ritenuta più interessante dai giovani studenti. I monumenti ai caduti sono presenti in tutti i piccoli centri, luoghi di memoria importantissimi, ma “rispolverati” e con fiori freschi, solo in occasione della celebrazione del quattro novembre, pertanto, custodi di un passato sempre più lontano, ma se ci si sofferma a leggere un cognome come il proprio, allora scatta qualcosa che ci rende più partecipi della storia patria e questa è stata la finalità precipua dell’incontro. L’intervento del Fossaceca è entrato nel vivo proprio tratteggiando diverse personalità, come l’onorevole Pietravalle di Salcito, anche medico insigne, che era contrario all’intervento armato, per passare poi alla figura del sacerdote Benedetto Florio, parroco e professore, interventista convinto, legato addirittura da amicizia con Gabriele D’Annunzio e che sarà anche un prelato di spicco in epoca fascista, fratello di Alberto, primo presidente dell’Ospedale Cardarelli di Campobasso, della stessa famiglia il più noto Nazario, primo presidente della Corte di Cassazione, a cui è intitolata anche una strada e la cui casa, nel centro storico, è diventata un centro culturale. Nel maggio del 1915 il Vescovo di Trivento Mons. Antonio Lega inviterà a sacrificarsi per la patria e tornerà a farlo nel difficilissimo periodo di quaresima di qualche anno dopo, nel 1917. Il Molise, che sembra quasi sempre ignorato dai libri di storia, subirà l’attacco di Termoli e il poeta dialettale Eugenio Cirese, ironizzerà sugli esiti dell’intervento con la sua poesia, impreziosita da onomatopee secondarie: “Làcreme e risiàte”.
    Fossaceca ha poi mostrato alla platea l’equipaggiamento militare dei soldati, di sicuro inadeguato, col berretto che riportava il numero del reggimento e un elmetto, poco robusto, di importazione francese. Ma, come diceva l’autoritario generale Cadorna, il soldato italiano non poteva vacillare, tuttavia, la vita durissima della quotidianità in battaglia, cominciò a costare tantissime vite umane, anche per Trivento e si verificarono i primi ammutinamenti.
    Ai ragazzi, agli ospiti: Don Fazioli, vicario generale della Cattedrale di Trivento, al sig. Gabriele Mastrobuono, nipote di uno dei soldati citati, è stato mostrato l’albo d’oro di Abruzzo e Molise, allora giuridicamente un unico territorio. Sono state delineate le figure di sacerdoti come Don Oreste Scarano, di Trivento e Don Michele e Don Nicola Sammartino di Agnone, quest’ultimo scriveva che il “fuoco non purifica solo i metalli” ma anche i cuori, descrivendo la stanchezza e la sofferenza dei giovani soldati, ai quali, tra l’altro, i cappellani militari insegnavano i rudimenti della lingua italiana, (i più comunicavano solo nel loro dialetto) o fungevano da mediatori, proprio leggendo e scrivendo lettere, per mantenere vivi i contatti con i familiari lontani; legando, così all’amore per la patria anche il più profondo senso del loro ministero; come dimenticare che furono legate al primo conflitto mondiale tante personalità religiose in odore di santità e proprio il futuro Papa Santo Giovanni XXIII, Angelo Giuseppe Roncalli e il giovane San Pio da Pietrelcina.
    Il racconto di Fossaceca è continuato con le storie di giovani valorosi con gradi militari diversi, pluridecorati anche con medaglie, che hanno i cognomi degli alunni, la cui storia è riconducibile a persone che si incontrano quotidianamente come insegnanti, personale della scuola o titolari di attività commerciali, per citarne solo alcuni: Florio Alberto, Scarano Antonio, Vasile Nicola, Cimaglia Angelo, Fierro Vincenzo, Porfirio Gaetano, Quici Emidio, Sammarone Gaetano, Vincenzo Santorelli, di cui parlerà anche Nicola Scarano; Tante storie e testimonianze, gli scenari sono quelli del nord e delle zone di confine che portarono i nostri a combattere lontano. Una testimonianza struggente: la lettera di Antonino Scarano, bersagliere morto in battaglia, di cui scriverà anche un giornale locale, che sente sopraggiungere la fine e scrive ai cari, sollecitandoli a non lasciarsi vincere dal dolore perché combatterà fino alla fine al fianco dei suoi bersaglieri al grido di “Viva l’Italia”, poi il giovane Guido Ercole Marinelli che combatterà valorosamente, secondo Fossaceca, anche per vendicare la morte di un giovane compagno triventino, quale migliore monito per superare ogni banale rivalità di quartiere. Tante medaglie, tante onorificenze e una singolare, (generosamente messe a disposizione degli studenti dalle famiglie) un oggetto donato ad Angelo Santorelli, rimasto invalido; in ospedale, si disperava perché non avrebbe potuto più lavorare e riceve una visita inaspettata quella del re Vittorio Emanuele III e della regina Elena, il sovrano lo consola donandogli il suo orologio e la reale consorte gli porge una custodia per conservarlo. In ultimo due Fossaceca: Pasquale ed Errico, parenti del sig. Antonio, dei quali sono stati mostrati i documenti storici come il foglio di congedo, la medaglia con l’indicazione dei quattro anni di permanenza in guerra. Molte altre storie potevano essere raccontate certo, ma il lavoro attento di raccolta dei dati, frutto proprio della conoscenza dei protagonisti attraverso i racconti degli eredi, sarà messo a disposizione delle ricerche storiche degli studenti, perché possano appassionarsi sempre di più alla storia locale, ma in particolare alle vicissitudini umane di ragazzi poco più grandi di loro che hanno sacrificato l’esistenza per la patria. Questa ultima espressione può suonare vetusta e superata, ma è profondamente intrisa di significato soprattutto nel difficile momento che vive la nostra splendida Italia. A Trivento, il post Caporetto, viene celebrato dalle parole trionfalistiche del Tenente Florio e dagli inni suonati dalla banda di Castelguidone in piazza Fontana; in conclusione, però, si deve sottolineare che la guerra è sempre follia e chi più di Ungaretti, prima interventista poi distrutto dalla partecipazione al conflitto, ha saputo descriverne lo strazio emotivo, ma nella poesia “Fratelli” ci ha fornito la lezione migliore da condividere con i giovani, ossia che nel momento in cui la fragilità della vita è più evidente si può urlare il grido di rivolta contro le brutture della guerra che è proprio “Fratelli” e così si saranno ritrovati ad essere uniti i giovani di cui si è raccontato nell’incontro. Da ultimo, uno sguardo alle madri, quelle decorate con le stesse medaglie dei figli ma col cuore infranto, l’ultima immagine della mattinata è stata dedicata al monumento ai caduti di Trivento in piazza Fontana, originalissima opera di Vincenzo Pucchetti, fortemente voluta dalla popolazione e inaugurato con un entusiastico discorso proprio dal citato Don Benedetto Florio, oltre ai nomi, che con onore rappresentano la storia del paese, al centro spicca una figura femminile che tiene in braccio il figlio morto, con la stessa pietas della Vergine con Gesù: la madre sannita, che, straziata, offre il figlio per la patria.

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