• Editoriale
  • Un lettore su due non capisce ciò che legge… l’altro non legge nemmeno

    Un lettore su due non capisce ciò che legge. L’altro, tra i due lettori, magari non legge proprio e un “lettore” che non legge è una contraddizione in termini. E siccome chi scrive ambisce a farsi leggere questa situazione diventa abbastanza frustrante per un giornalista. 

    Conoscevamo già la svogliatezza dei “lettori”, che in realtà sarebbe meglio classificare come guardoni cioè coloro che guardano le anteprime delle news pubblicate, ma facevamo affidamento sulla metà, il famoso lettore su due, che almeno in linea teorica dovrebbe andare oltre la semplice osservazione della foto di apertura e del titolo. Il problema, evidentemente, è che il lettore su due che legge magari è proprio quello che non capisce ciò che ha letto. Ne abbiamo avuto la prova in questi giorni, durante i quali abbiamo pubblicato diverse notizie di incidenti di caccia avvenuti in giro per l’Italia. Chi firma questo articolo è notoriamente un cacciatore (quello vicino al cinghialone morto, ndr), orgogliosamente un cacciatore e quindi non si sognerebbe di scrivere un pezzo giornalistico pregiudizialmente anticaccia. Ebbene più di qualcuno, su alcuni gruppi Facebook dedicati all’attività venatoria, ha addirittura accusato l’Eco di essere un covo di “giornalisti animalari anticaccia“. Siccome, appare chiaro alla luce della più elementare logica, non abbiamo mai scritto una sola riga a sfondo “animalaro” o peggio “anticaccia”, l’unica spiegazione possibile è che i famosi “lettori”, soprattutto quelli iscritti ai gruppi venatori su Facebook, in realtà non siano affatto tali, non leggono appunto, oppure leggono e non capiscono ciò che hanno appena letto. Credo si chiamino analfabeti funzionali. E secondo le statistiche Human development report 2009, in Italia il 47 per cento degli individui è analfabeta funzionale. Gli analfabeti funzionali non sono in grado di comprendere informazioni, post e articoli condivisi sui social network e tuttavia alimentano polveroni perché in maniera acritica commentano a sproposito, creando delle vere e proprie fake news. In sostanza non è la notizia in sé ad essere un fake, ma la comprensione della stessa da parte di chi la legge. Il giornalista Enrico Mentana a tal proposito coniò il neologismo webete, dalle parole web ed ebete, che «ha più o meno le stesse caratteristiche antropologico-sociali dell’analfabeta funzionale che si affaccia nel mondo dei social network».

    Francesco Bottone

    effebottone@gmail.com

    tel: 3282757011

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